Erbe spontanee commestibili

Con l’arrivo delle belle giornate primaverili raccogliere le erbe selvatiche commestibili è davvero una bellissima attività, passeggiamo nei boschi o sui campi e portiamoci un bel cestino!Prima di dedicarsi alla loro raccolta è indispensabile sapere che:
1. Non si raccolgono in luoghi poco puliti e inquinati, con possibili contaminazioni di sostanze tossiche quali pesticidi, aflatossine, elementi radioattivi, metalli pesanti come piombo, mercurio, cadmio e arsenico;
2. Evitare aree nei pressi di fabbriche e industrie;
3. Non raccogliete niente sui cigli delle strade;
4. Non raccogliere le specie protette.

Una volta scelto il luogo adatto, quindi, possiamo procedere alla ricerca delle nostre erbe spontanee saporitissime: munitevi di cappello qualora il sole fosse molto forte, coltellino per tagliare le erbette, una sporta di tessuto dove porrete il raccolto.
Ma che cosa si raccoglie a marzo-aprile ? Ecco due piante da raccogliere  subito:

ASPARAGI SELVATICIasparagi

Gli asparagi selvatici, diversi da quelli coltivati, sono più verdi e leggermenti amari, di un sapore più intenso. Sono molto ricchi in vit A, B, C e K. Contengono dei sali minerali, magnesio, potassio e ferro, tutti fondamentali per la nostra salute. Agiscono come dei veri depuratori del’organismo, hanno effeti diuretici e aiutano il fegato. Visto la presenza della vit K, e molto utile per le persone che hanno problemi con la fluidità del sangue. Si possono consumare crudi, tagliati a pezzetini in insalata, lessi, conditi con olio, come contorno oppure in combinazioni con riso e pasta.

 

TARASSACO
In quanti modi lo avete sentito chiamare? Pisciacane, piscialletto, radicchio selvatico… questa fantastica e comune erba selvatica presente praticamente in tutta Italia, si consuma tutta. Le foglie si consumano fresche ma anche essiccate come dispensa; dalle radici se ne estrtarassacoae il succo e si conservano in vasi di vetro previa essiccazione. Il tarassaco è un depurativo, diuretico, tonico, lassativo eccezionale: le foglie fresche – ma lasciate anche un poco di radice che conferisce quel sapore amarognolo squisito
– si mangiano stufate in padella con olio e aglio e poi condite con limone, in frittata, in zuppa insieme alle ortiche e legumi, in sformati e come ripieno di pasta fresca. I bocci di fiore di tarassaco sono buonissimi in salamoia: fate bollire in 1 litro di aceto con 2 cucchiai di sale, raggiunta l’ebollizione scottate per due minuti i boccioli di tarassaco. Scolare e lasciar asciugare anche per una notte i boccioli su un telo di cotone coperti con un altro telo. Invasate i boccioli aggiungendo alloro, bacche di ginepro, coprite di olio d’oliva: fate riposare almeno due settimane. Più aspetterete, più questi stuzzichini saranno saporiti.

ACETOSA

Dell’acetosa si raccolgono le foglie in marzo e aprile. È comunemente conosciuta come acetina, erba brusca e ossalina; si mangiano le foglie il cui sapore è leggermente acidulo. L’acetosa si può riconoscere dal gambo rosso striato e dalla fioritura di maggio – settembre che presenta grappoli di colore verde e/o rosa. Il sapore acidulo e amarognolo indica le sue virtù diuretiche e depurative, rinfrescanti e antinfiammatorie.
Come si usa: l’acetosa è ottima in insalata cruda, nei risotti o in frittata, soprattutto le cime giovani e tenere.

BORRAGGINE (Borago officinalis)

La borragine (o boragine, borrago o borago), il cui nome scientifico è Borago officinalis appartiene alla famiglia delle Boraginaceae. E’ una pianta molto comune che si ritrova ovunque con i suoi magnifici fiori blu dagli stami quasi neri: nei prati incolti, nei bordi delle strade, lungo i muretti, nei giardini, tra le macerie, ecc. fino a 1000 m di altitudine. Si suppone che sia originaria del Medio Oriente ma oramai è naturalizzata in quasi tutto il mondo.borraggine

Le foglie di borragine hanno un sapore che ricorda il cetriolo ed è tra le piante selvatiche la più utilizzata in cucina.

Della borragine a scopo alimentare si utilizzano le foglie raccolte in primavera e si utilizzano fresche. Dopo la fioritura di utilizzano solo le foglioline più giovani. Possono essere utilizzati anche i fiori.

Se si vuole usare la borragine per i suoi principi attivi va consumata fresca per cui va raccolta quando serve perchè con l’essiccazione le sue proprietà diminuiscono sensibilmente.

Proprietà medicinali della borraggine: vedi: “Le piante medicinali: la Borragine“.

In cucina:

La borragine è una piante selvatica molto utilizzata in cucina. Si utilizzano le foglie, in genere dopo la bollitura, per eliminare la peluria.

Le foglie sono ottime fritte con la pastella oppure utilizzate per riempire ravioli e tortellini o semplicemente tritate e fatte a frittata.

Possono inoltre essere usate per aromatizzare le varie pietanza con il loro sapore asprigno che ricorda vagamente il cetriolo.

I fiori di borragine sono commestibili e possono essere usati come guarnizione di diversi piatti. Si possono congelare all’interno di cubetti di ghiaccio per dare una nota di colore alle bevande estive. Possono essere usati anche per colorare l’aceto.

La pianta di borragine contiene in piccola quantità di pirrolizidina (l’olio dei semi ne è privo), un alcaloide che può causare problemi al fegato se si mangia in quantità esagerata anche se è preferibile che le persone con problemi al fegato evitino di mangiarla.

Principi attivi

Contiene in abbondanza un succo spesso e mucillaginoso che fornisce grandi quantità di nitrati di potassio, grosse quantità di vitamina C, antociani, resine, mucillagini, allontoina.

Attenzione: il Ministero della salute con un decreto ha stabilito che fiore, foglia e pianta erbacea con fiori della Borago officinalis sono da considerare degli estratti vegetali non ammessi negli integratori alimentari.

Tempo di raccolta e conservazione:

Il momento migliore per la raccolta di foglie e fiori è il mese di giugno, quando le proprietà balsamiche sono all’apice, ma le foglie possono essere raccolte in ogni periodo, a seconda della necessità, già due mesi dopo la semina.
Le foglie possono venire essiccate all’ombra, in zona ventilata e non polverosa, ma il risultato non è sempre soddisfacente; i fiori possono venire canditi, o più semplicemente congelati in cubetti di ghiaccio, d’aspetto decorativo, da servire con gli aperitivi.

GRESPINO COMUNE O CICERBITA (Sonchus Oleraceus) 

Plinio il Vecchio ci tramanda che Teseo, prima di inoltrarsi nel labirinto per uccidere il Minotauro, si nutrì con un bel piatto di grespino comune.

Principi attivi

E’ un’erba selvatica ricca di fibre e di vitamine A, B2, C. Inoltre è ricca di calcio, ferro, fosforo. Per la presenza di inulina è particolarmente indicato per chi soffre di diabete.

Dove trovarlo
Questa ottima pianta commestibile la si può raccogliere nei capi di tutta Italia propri adesso: le sue foglie, in questo momento di sviluppo, sono tenere e non troppo fibrose. Si trova con facilità nei territori che vanno da 0 a 1700 sul livello del mare, speso si riproduce negli orti, nelle vigne, nei terreni lavorati o lungo gli stradelli di campagna.

Calendario di raccolta

Essendo una pianta del gruppo “indifferenti” si riscontra la sua presenza nei campi praticamente sempre escluso i mesi in cui la siccità si fa più sentire.

Usi

Questa pianta veniva impiegata in erboristeria per le sue proprietà depurative, diuretiche, epatodetossicanti e sopratutto per la sua azione coleretica (stimolante la bile), ma oggi quasi completamente trascurata. La radice si usava, una volta tostata, quale miscellanea per il caffè
Come si usa: cruda in insalata, mista ad altre erbe di campo, lessata, usata quale contorno, condita con olio e limone o passata in padella con qualche spicchio di aglio.

In cucina

La rosetta basale si salta in padella con dell’aglio e se ne gusta il sapore delicatissimo. E’ un ingrediente imprescindibile delle zuppe di origine contadina dove le foglioline più tenere vengono cucinate nella zuppa fiulana Postic, nella Preboggion ligure e nella Minestrella della Garfagnana. Il fusto delle piante giovani si consiglia lessato come asparago. Invece la radice può essere portata a tavola lessata oppure una volta tostata può essere usata come surrogato del caffè.

DRAGONCELLO 

Del dragoncello, in marzo, si raccolgono le foglie. Il suo aroma è pungente, molto aromatico e per questo utilizzatissimo in cucina come spezia.
Oltre ad essere aromatico, il dragoncello è anche digestivo, stomachico, vermifugo.
Come si usa: per aromatizzare verdure crude in insalata, uova, frittate o sottoli fatti in casa. Si può essiccare, ridurlo in polvere e conservarlo in vasetti.

ORTICA (Urtica Dioica)
Regina incontrastata della cucina a base di erbe spontanee, l’ortica cresce un po’ ovunque, in luoghi umidi, nei terreni incolti e lungo le strade. Dell’ortica si utilizza tutto, ma in cucina si preferisce raccogliere i cimolini freschi, ancora teneri e colmi di energia. Leggenda racconta che Nabucodonosor, il famoso re babilonese, decise in giovane età di nutrirsi esclusivamente di ortiche al solo fine di divenire saggio. La si beve in tisana per le sue proprietà antianemiche (stimola la produzione di globuli rossi), depurative, diuretica e ricostituente. In forma di decotto da frizionare ripetutamente sui capelli, previene la caduta. L’ortica è una pianta che simboleggia il mistero della dualità dell’Universo: per accedere alle sue grandiose virtù occorre pungersi con il suo stelo (che libera acido formico, da qui il prurito)! Ma visto che l’eccezione conferma la regola, anche la puntura di ortica fa bene all’essere umano, poiché stimola la fluidità della circolazione sanguigna.

PAPAVERO (Papaver rhoeas)
Chiamato anche Rosolaccio, il papavero fiorito è il protagonista assoluto delle tavolozze naturali di maggio: camminando all’aria aperta, queste incantevoli macchie di rosso esaltano verdeggianti campi incolti o distese color dell’oro di grano (ah poveri agricoltori! Grande avversario del grano è il papavero!). Ma il papavero, che cresce un po’ dove gli pare, non è solo bello (o infestante, a seconda degli occhi di chi lo guarda), ma anche utile in cucina. Si raccolgono i giovani germogli da marzo, i petali e le foglie in piena fioritura, mentre i semi a maturazione avvenuta: i semi sono contenuti in una capsula di forma conica, simile a una campana rovesciata. Il nome del papavero deriva dal celtico papa, ossia pappa, e fa riferimento all’usanza di mescolare alle pappe dei bambini il succo di questa pianta che, considerate le sue virtù calmanti, li faceva stare tranquilli. Il papavero, infatti, contiene l’oppio, nota sostanza dal potere narcotico. I semi del papavero si utilizzano per decorare pani, dolci e focacce; le foglie in frittata, pastellate e fritte, zuppe e minestre. Essendo un oppiaceo, il papavero va consumato con molta moderazione: quantità eccessive possono essere tossiche.

PIANTAGGINE (Plantago lanceolata)
Il nome latino della piantaggine è ‘plantago’ che deriva da ‘planta agere’, ossia ‘far crescere le piante’. Si indica così una pianta propiziatoria per la fertilità che veniva infatti utilizzata per propiziare la fertilità dei campi.
La piantaggine è una perenne piuttosto comune, identificativa è la sua foglia, lanceolata appunto, di un bel verde brillante, cresce nei campi incolti, ai margini delle strade, intorno a fossati e stagni.
In marzo, aprile e maggio si raccolgono le foglie, ancora tenere soprattutto in marzo e aprile; in giugno-agosto i semi, mentre tutto l’anno le radici.
In cucina si impiegano le tenere foglioline di piantaggine crude in insalata, per preparare ripieni di torte salate o pasta fresca, ma anche cotte e condite con olio e limone.

RAPERONZOLO selvatico
Il raperonzolo (Campanula rapunculus) è una pianta della famiglia delle campanulacee.
Il raponzolo o raponzolo cresce spontaneamente in molte parti della penisola, si può trovare nei terreni incolti, nei boschi, nei prati fino a una quota di circa 1500 m. In alcune zone d’Italia però è vietato raccoglierlo. È tuttavia possibile coltivarlo nel proprio orto comprando i semi presso i negozi specializzati o recandosi da qualche coltivatore.
Si mangia la foglia di marzo, ma si trova nei campi tenerissimo anche in febbraio: la radice assomiglia a una carota, è leggermente amarognola ma con retrogusto di nocciola.
Le foglie hanno, invece, un gusto leggermente amarognolo e un leggero profumo di bosco.
Il raperonzolo ha proprietà disinfettanti e antinfiammatorie, è una verdura molto indicata per i diabetici, è ricco di vitamina C, fibre, proteine e sali minerali.
Come si usa: le foglie e le radici tagliate sottilmente si gustano in insalata. In alternativa è possibile attendere l’ingrossamento delle radici, che possono diventare lunghe fino a 10 cm, e consumarle cotte, per esempio fritte nel burro.

SILENE
La Silene vulgaris o italica si raccoglie in marzo-aprile, per la precisione i germogli. È un’ottima erba spontanea, amarognola e piccante. In Italia centrale è denominata striduli, si mangiano saltati in padella con aglio e olio, in frittata, nelle minestre di stagione, ma anche nel ripieno di tortelli saporiti.
I germogli di silene sono ottimi bolliti per cinque minuti in acqua, conditi con olio e limoni e serviti d’accompagnamento alle uova lesse.

VALERIANELLA
Una piccola insalatina a ciuffi facilmente riconoscibile chiamata anche songino, gallinella di campo, lattughino, molesino e dolcetta. È ottima gustata fresca in insalata ed ha proprietà depurative, emollienti, lassative e rimineralizzanti.

VIOLA MAMMOLA 
Bellissima, profumatissima, la mammola, anche detta viola odorata, dal dolcissimo profumo inconfondibile. Con i suoi fiori potrete fare un ottimo sciroppo dissetante se diluito in acqua, potrete candirli per decorare i dolci, oppure aggiunti nelle insalate primaverili. Che bontà!

Fonti, siti utili ed interessanti:

http://sorgentenatura.it/s/sementi?pn=5222

http://seminterra.com

https://stilenaturale.com/news/1857/erbe-selvatiche-commestibili.html

http://www.agri.marche.it/

http://www.accademiadelleerbe.it

 

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Libri consigliati:

Le piante spontanee e i loro usi alimentari, officinali, tintori, ecc.., stanno vivendo un periodo di rinnovato e crescente interesse, complice una maggiore sensibilità verso le problematiche ambientali. Molte sono le pubblicazioni in materia. Fra queste si colloca il lavoro di Fabio Taffetani dal titolo fortemente esplicativo: “Rugni, speragne e crispigne“. Il libro raccoglie 74 schede informative delle specie spontanee di maggior interesse alimentare. Ogni scheda è accompagnata anche da informazioni sulle modalità di utilizzo in cucina, sugli impieghi come rimedi naturali, sui rituali, spesso curiosi, ripresi dalla tradizione popolare marchigiana. Completano il lavoro delle utili chiavi dicotomiche di riconoscimento per facilitare l’identificazione delle erbe selvatiche raccolte per la loro rosetta basale di foglie.

 

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